Contenere i consumi, inquinare il meno possibile salvaguardando l’ambiente. L’ecologia entra sempre più nel mondo dei motori marini. Ed oggi c’è anche chi pensa a filtrare le acque…
• Luciano Pau
Nell’ottica della stragrande maggioranza di diportisti, l’approccio con l’acquisto di un nuovo motore fuoribordo mira a tre risultati primari: scegliere quello che a parità di potenza costa meno, quello che mantiene meglio il suo valore di mercato e quello che in un’ottica di economia gestionale consuma meno. A seguire c’è l’estetica ed in ultimo quello che è l’aspetto “ecologico”. E’ inutile negarlo, è difficile che tra i dati forniti dalle Case produttrici si vada in primis a cercare i valori d’inquinamento o una tecnologia particolare che permetta di preservare l’ambiente. Almeno questo è quanto avvenuto sino a poco tempo fa. Poi, la forte campagna messa in atto a salvaguardia ambientale del Pianeta Terra ha cominciato a radicarsi nei potenziali consumatori. Ha iniziato l’automotive, da sempre elemento trainante per tanti fattori, a far riflettere su come si possa usare l’auto normalmente ma inquinando meno e di conseguenza “anche” consumando meno combustibile. Si è cominciato ad inserire in gamma i motori con alimentazione a metano, che a parità di apporto energetico immettono nell’atmosfera circa il 20/25% in meno di CO2. Non è che siano ad impatto zero intendiamoci, in quanto sono comunque motorizzazioni miste, ossia a metano e benzina o metano e gasolio (quest’ultimo più raro), però inquinano meno. Poi si è passati alle motorizzazioni ibride, ossia anch’esse miste elettriche e benzina. Se si usa il motore elettrico le emissioni sono pari a zero, se si converte l’alimentazione in benzina, volontariamente o per necessità quando la batteria si scarica, invece si torna ad immettere nell’atmosfera la stessa quantità di CO2 come una motorizzazione termica tradizionale. Ma nel mondo della nautica come siamo messi? Ebbene, i motori fuoribordo elettrici hanno fatto da tempo il loro ingresso nel “mondo liquido”, in particolare per quanto concerne motorizzazioni cosiddette “piccole”, almeno, anche qui fino ad ora, in quanto già si parla di un futuro arrivo di fuoribordo elettrici di potenze elevate (vedete a tal proposito la nostra presentazione sul motore da 370 cavalli progettato dalla Hyper Electric con componentistica TESLA: https://www.fishingboatmagazine.it/test-per-il-fuoribordo-con-componentistica-tesla/), oppure l’arrivo preannunciato per il prossimo autunno delle’EVOY Pro 150.
Ammesso che superino tutti i test e che entrino regolarmente in produzione, i tempi sono comunque ancora lunghi e per il momento gli attuali motori elettrici presenti sul nostro mercato, come i Minn Kota, i MotorGuide, i Torqeedo, i più recenti Lowrance GHOST e GARMIN Force, gli Huracanpower, Acquawatt, Electric Yacht ed Aquamot possono ancora stare tranquilli. Il mercato in particolare di questi motori, “scoperti” nel nostro Paese da non moltissimo tempo come ausiliari della pesca, sta vivendo un momento florido e chi li usa apprezza in primis: la comodità di tante loro funzioni che consentono di pescare in tranquillità, la silenziosità, il consumo zero di carburante ed infine anche la possibilità di usarli in aree protette senza limitazioni o quasi. C’è ancora qualche problema da risolvere legato alla durata delle batterie, al loro sistema di ricarica rapido ma, d’altronde, come avviene anche per l’automotive, i limiti di tale forma di alimentazione sono ancora in piena fase di sviluppo. Con il propano si è provato, ed alcuni motori hanno fatto la loro “rapida apparizione” sui nostri mercati pur avendo avuto per il momento un riscontro piuttosto limitato. Quello che sta nascendo invece ora, è un concetto diverso di ecologia, una nuova frontiera che si cerca di superare, ossia non tanto basato su di un minor inquinamento da combustibile, peraltro sempre una priorità di tutti i maggiori produttori di fuoribordo, quanto sul tentativo di ridurre ed eliminare l’inquinamento già presente nelle acque, in particolare delle plastiche. Purtroppo questo materiale a tutti noi ben noto è altamente inquinante, e seppur sotto forma di microplastiche è dannosissimo, anzi forse ancor più di una bottiglia o di un contenitore galleggianti e pertanto visibili e recuperabili. Le microplastiche invece sono invisibili e pertanto spesso letali anche per i suoi abitanti, che le ingurgitano subendo poi tutte le conseguenze del caso di tale ingestione. Ed il problema è che, da proiezioni fatte da qui ai prossimi vent’anni, s’ipotizza un incremento delle plastiche e microplastiche in acqua di tre volte tanto quelle attuali. Suzuki, da sempre leader in tanti campi tecnologici e non ultimo anche in quello dell’ecologia con un programma iniziato dieci anni fa (Suzuki Clean Ocean Project), oltre a cercare continuamente soluzioni che portino a ridurre al minimo le emissioni dei suoi motori, ha messo in atto un dispositivo che consentirà di aspirare parte di queste microplastiche durante la normale fase di aspirazione dell’acqua necessaria al raffreddamento del motore. L’idea è geniale e, si basa sulla presenza di un filtro posizionato nel collettore di aspirazione dell’impianto di raffreddamento, cui spetta il compito di trattenere quanto presente nell’acqua, per poi eliminarlo del tutto una volta che si amuove il filtro dalla sua sede. Facile da inserire ed altrettanto facile da togliere, ma ancor più facile da usare se vogliamo, perchè in fondo questo filtro sfrutta un basilare sistema di funzionamento dei motori fuoribordo. Questa tecnologia sarà inizialmente resa disponibile in soluzione opzionale a partire dal 2021 per diventare poi di serie su tutta la produzione. Poco? Tanto? Seppur il grado di assorbimento e filtraggio per ogni singolo motore sia comunque contenuto, moltiplicandolo per i potenziali utenti attuali dei motori Suzuki e magari in futuro allargato in larga scala potrebbe rappresentare comunque un’importante svolta pro-ecologia. E questa è assolutamente una notizia positiva!