Sul web si preferisce discutere di mirabolanti canne, di eccezionali mulinelli. Di ami difficilmente se ne parla. Eppure potremmo pescare senza la canna, come per i filacciosi o il bolentino, potremmo pescare senza mulinelli, come per la canna fissa o lo stesso bolentino, ma l’elemento che determina la possibilità di catturare un pesce, per quanto piccolo sia, è senza discussioni l’amo
• Mimmo Marfè
Un amo, di qualsiasi forma esso sia, si compone di:
- Occhiello o paletta (pochissimi presentano solo una zigrinatura sul gambo)
- Gambo
- Curvatura
- Ardiglione (esistono ami privi dello stesso)
- Punta
Ogni parte può presentare diverse conformazioni sia per l’uso a cui esso è dedicato ma anche per i differenti progetti delle aziende costruttrici.
Inoltre anche per alcune delle parti, ad esempio l’occhiello, avremo diverse configurazioni e dimensioni. Ogni tipo di amo andrà utilizzato non solo in base all’esca che si decide di utilizzare, ma anche in base alle caratteristiche della possibile preda o del tipo di terminale che andiamo a utilizzare. Per spiegarci meglio: se ad esempio decideremo per l’arenicola andremo a preferire ami o con una paletta di dimensioni contenute o con un occhiello molto piccolo.
Ciò perché sarà importante che la nostra esca riesca a salire in parte sul bracciolo senza essere devastata da occhiello o paletta.
Le vecchie classificazioni prevedevano alcune principali famiglie di ami:
Uptide, Limerick, O’shougnessy categorie classiche ma se non soppiantate, almeno potremmo dire “contaminate” e non è difficile trovare ami che posseggono più di una caratteristica di ogni singolo raggruppamento classico.
Le caratteristiche
Un amo si distingue da un altro non solo per la forma ma anche per le tecniche costruttive.
Il materiale più usato è l’acciaio ad alto tenore di carbonio che, a seconda delle percentuali utilizzate, determina un coefficiente tra resistenza, durezza e peso.
Per ottenere un prodotto di più elevata qualità sono poi utilizzati acciai inossidabili, o trattati con particolari leghe come il vanadio o il tungsteno.
La tempera poi è un processo di lavorazione che determina le qualità meccaniche dell’amo: questo procedimento è utile ad aumentare la resistenza ed ottenere il migliore rapporto tra resistenza e flessibilità.
Altra importantissima caratteristica è l’affilatura della punta che determina la capacità di penetrazione dell’amo.
Da molto tempo la tecnica più utilizzata è l’affilatura chimica che poi è denominata diversamente da ogni casa.
Un amo deve possedere sia capacità di penetrazione sia che di trattenuta della preda.
La punta diritta, consente una riduzione dell’effetto leva.
La punta rientrante agevola una migliore presa sulla ferrata, ma rispetto alla punta diritta aumenta l’effetto leva col rischio di strappare la bocca del pesce, ed è anche meno robusto.
La punta storta è indicata per la pesca dei pesci di fondo, in particolare per quei pesci che preferiscono assaggiare l’esca prima di ingoiarla.
La punta conica non presenta irregolarità di forma e ciò gli conferisce una migliore tenuta e una minore resistenza alla penetrazione.
In stretta relazione con la punta c’è l’ardiglione: questo può essere del tutto assente (ma non è il nostro caso) o appena pronunciato o ben definito.
L’ardiglione
I vecchi ami e quelli molto robusti erano prodotti meccanicamente.
Gli ami prodotti con tecnologie più recenti sono dotati di un ardiglione abbastanza piccolo che penetra più facilmente nella bocca del pesce e tende a non allargare la ferita.
Il Gambo
Due le tipologie principali: gambo corto e gambo lungo, ma esistono poi anche ami con gambo extra lungo.
Ancora come regola molto, ma molto generica: quelli a gambo corto sono più adatti all’allamata più esterna mentre quelli a gambo lungo e leggeri sono più adatti all’ingoio.
Il colore dell’amo va scelto in base alle condizioni di luminosità, al colore dell’acqua, al colore dell’esca e soprattutto al colore del fondale. In generale per la pesca di pesci diffidenti, sarà preferito l’amo scuro perchè non produce riflessi che potrebbero insospettire il pesce.
Non potevamo essere esaustivi in così poche righe ma contiamo di poter proseguire per approfondire l’argomento.
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Mimmo Marfè
Giornalista, una vita vissuta in riva al mare. A sette anni le prime esperienze da riva con primordiali cannette in bambù, poi le prime telescopiche in fenolico. In Sardegna a fine anni 70 le prime esperienze dalla spiaggia e le prime catture mirate. La passione abbinata alla continua ricerca porta alla possibilità di poter elaborare modalità di pesca dalla spiaggia in ambito Mediterraneo. Da qui il primo libro “Surf Casting In Mediterraneo” edito come i successivi quattro dalla casa editrice Olimpia. Esperienze condivise sulle pagine del pioneristico Surf Casting Report, poi di Pesca in Mare e per decenni di Pescare Mare. L’approdo all’editoria digitale come naturale evoluzione della comunicazione con la consapevolezza che anche per me c’è sempre possibilità imparare.