Il golfo di Napoli è un ampio arco posto al centro del bacino del Tirreno centrale e al cui interno troviamo un golfo minore, quello di Pozzuoli
• Mimmo marfè
Relitto Doris: lat 40° 50,021’ – long 14° 15,739’E
Punta Palummo: lat. 40° 45,263 N – Long 14° 08,076’ E
Secca Miseno: lat 40°,46 N – Long 14°,5’ E
Secca 101: lat 40°42,423 N – Long 14° 07,761 E
Oggi nel tratto che parte dalla periferia sud della città di Napoli, identificabile con l’agglomerato urbano di san Giovanni a Teduccio, ed arriva al capo di Miseno, il pesce è davvero tanto e sarebbe ancora in quantità superiore se non fosse ancora praticata la pesca di frodo specie da parte di coloro da identificare semplicemente quali bracconieri.
Nel tratto di costa considerato ci sono diversi porti e approdi minori. Oltre il grande porto di Napoli, molo Beverello compreso, troviamo proprio in città il porticciolo condiviso tra la Lega Navale di Napoli ed il Circolo Canottieri Napoli, poi quello di Mergellina, scalo per aliscafi e flottiglia da diporto. Più avanti il porticciolo del Circolo Nautico Posillipo e una serie di piccolissimi approdi privati. Altro punto di stazionamento della flotta da diporto è il porticciolo di Nisida, facente parte ancora della città, poi quello di Pozzuoli a carattere misto commerciale–turistico, quello di Baia, poi di Bacoli e l’insenatura di Miseno, detta lago di Miseno, vero porto naturale.
Il tratto in questione è ben riparato verso terra dai venti settentrionali mentre è il forte libeccio a rendere le uscite abbastanza complesse. Difficile decidere da quale tecnica iniziare perché tutte quelle da barca sono praticabili e spesso fruttuose.
Il litorale di San Giovanni è prevalentemente sabbioso, anche se esteticamente non è proprio il massimo. Esso è battuto da barchette che trainano sotto costa alla ricerca di pesci serra ma ancora più della leccia amia. Oltre ad innescare il vivo è molto utilizzato l’innesco dell’aguglia morta e resa più attraente da sistemi appositi, tipo preda pro. Non mancano gli attacchi su grossi artificiali.
Proprio fuori dalla banchina frangiflutti del porto di Napoli da pochi anni, nel periodo consentito, si pratica un impegnativo spinning da natante ai tonni, pesci che usano rotte molto prossime al manufatto mentre un po’ tutto l’anno è fruttuoso lo spinning alle palamite. Generalmente in questo luogo specifico si pesca a spinning ma c’è chi se la gioca anche a drifting. Talvolta anche da terra si assiste a mangianze impressionanti e, oltre ai fittissimi branchi di alici e sardine, sono spesso gli sgombri le vittime di turno.
Procediamo verso nord e siamo proprio sul lungomare di Napoli.
Subito dopo il porticciolo della Canottieri troviamo Castel dell’Ovo. Si pesca da natante con canna e mulinello praticando tecniche che vanno dall’utilizzo di canne leggerissime da lancio armate con pasturatori carichi di bigattini, alla ricerca di grossi saraghi e occhiate e, nei pressi del relitto della Doris, posto davanti la scogliere che chiude il braccio del Beverello, si pesca a fondo con tecnica super leggera anche in orari serali: corvine, tanute -10, 11, 12-, saraghi, orate e più rare mormore (più distanti dai bordi del relitto) sono le prede più frequenti.
Sarebbero catturabili anche grossi gronghi con inneschi di sardina o di calamaro ma i più preferiscono dedicarsi a pesci di maggiore pregio. L’esca maggiormente utilizzata è l’arenicola ma spesso, a fare la differenza per la taglia, sarà l’americano. Ottimi risultati si hanno anche con l’innesco del paguro intero (senza guscio ovviamente).
A breve distanza da riva troviamo la piccola secca di Chiaia (nome dal quartiere che la fronteggia). Qui sono presenti pagelli, pagelli bastardi e spesso capita la gallinella di taglia.
Per le uscite sarà sufficiente un piccolo natante specie quando il prospetto meteo offrirà condizioni di calma. Si pesca a poche centinaia di metri dalla costa e anche le piombature da utilizzare saranno modeste. Si utilizzano calamenti con travi mediamente dello 0,28 e braccioli lunghi dai 60 centimetri al metro, confezionati in fluoro carbonio. Gli ami andranno scelti tra i modelli a gambo medio con ottima punta e numerazioni tra il 5 e il 9. Molto utilizzati dai più evoluti snodi a quattro fori in plastica trasparente e non solo per piccoli pesci.
Ottime chance per la pesca a scarroccio si hanno alla base del promontorio di Posillipo, avendo come riferimento Palazzo donn’Anna, mentre più avanti, verso la zona di Marechiaro il fondale diventa solido, con grandi lastroni rocciosi tra le cui fenditure vive in colonie abbastanza fitte la corvina e non mancano inoltre i saraghi.
Sul tratto di mare sottostante la collina viene praticata la piccola traina costiera, generalmente con esche artificiali alla ricerca di spigole ed affondatori: ottimo il tratto antistante la scogliera artificiale di villa Rosebery (residenza a Napoli dei Presidenti della Repubblica).
Lo stesso specchio di acque è molto battuto durante i mesi meno caldi dagli appassionati della pesca alle seppie e calamari. Si pesca su un fondale tra i 20 e i 30 metri con gamberoni artificiali coadiuvati da piombi tra i 20 e i 30 grammi.
Superato il capo di Posillipo la cosa diventa più interessante. Collegata alla terra da un lungo ponte transitabile c’è l’isolotto di Nisida.
Fine 1^ parte
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Mimmo Marfè
Giornalista, una vita vissuta in riva al mare. A sette anni le prime esperienze da riva con primordiali cannette in bambù, poi le prime telescopiche in fenolico. In Sardegna a fine anni 70 le prime esperienze dalla spiaggia e le prime catture mirate. La passione abbinata alla continua ricerca porta alla possibilità di poter elaborare modalità di pesca dalla spiaggia in ambito Mediterraneo. Da qui il primo libro “Surf Casting In Mediterraneo” edito come i successivi quattro dalla casa editrice Olimpia. Esperienze condivise sulle pagine del pioneristico Surf Casting Report, poi di Pesca in Mare e per decenni di Pescare Mare. L’approdo all’editoria digitale come naturale evoluzione della comunicazione con la consapevolezza che anche per me c’è sempre possibilità imparare.