Essendo considerata il “cuore pulsante” dell’impianto elettrico di bordo, senza la quale niente o quasi funziona, in particolare in quest’epoca moderna fatta di apparati elettronici ed elettrici di ogni genere, la batteria, o accumulatore come si chiama, necessità di una regolare manutenzione, ed in alcuni casi di ricarica.
• Luciano Pau
Basti pensare, quando si parla di “cuore” dell’impianto elettrico, quanti apparati su di una barca moderna è in grado di gestire. Da una o pluri-motorizzazione alle pompe di sentina, dalla strumentazione elettronica alle luci, dal verricello elettrico all’autoclave per la doccia, ai frigoriferi, ma gli stessi mulinelli elettrici o i tritura sarde. I motori sono in grado attraverso l’alternatore di ricaricare in parte questi accumulatori, ma occorre che i motori siano accessi, che si navighi, il che, spesso, è limitato nel tempo, e così il grado di ricarica fornito dai motori diventa inferiore rispetto all’energia consumata durante una giornata trascorsa in mare a pescare o a crogiolarsi al sole, con molti di quegli apparati lasciati accesi. Per questa ragione si opta frequentemente per l’adozione di più accumulatori, collegabili tra loro attraverso un deviatore, in grado di stabilire quale batteria far funzionare, destinando così il consumo di energia degli accessori ad una batteria, riservando l’altra all’avviamento del motore, con la garanzia di non rimanere in mare controvoglia. Eh si, perchè il grado di carica della batteria, in particolare quella collegata al motore, diventa fondamentale anche per la personale sicurezza. Basti infatti pensare a cosa potrebbe accadere qualora dopo una giornata trascorsa su di un’isoletta o in una baia isolata, o a pesca, al momento di approcciare il ritorno si dovesse avvertire all’atto dell’avviamento il classico “colpo di tosse” provenire dalle batterie. Panico assicurato! Pertanto, oltre a scegliere in fase di acquisto batterie adeguate alle proprie esigenze, è importante che le batterie vengano sottoposte periodicamente a verifiche accurate e, qualora si rilevasse una carenza di carica, ricaricarle o, nel peggiore dei casi, sostituirle. Non dimentichiamo di sottolineare che il mercato delle batterie propone oggi alcune soluzioni alternative alle classiche batterie a carica secca. Esistono infatti quelle a ridotta manutenzione, quelle cosiddette senza manutenzione e quelle a gel. E’ bene sapere che anche molte di quelle che vengono battezzate “senza manutenzione”, tranne quelle al gel, possono essere sottoposte a ricarica come avviene con quelle più tradizionali. Basta avere un caricabatteria adatto ed aprire i tappi sigillati con molta cura ed attenzione per non romperli onde evitare future perdite di liquido, ma si può fare. Impossibile invece ricaricare quelle a gel per il loro contenuto e struttura interna o quelle che hanno i tappi che fanno corpo unico con la batteria stessa; non resta che sostituirle quando perdono la loro efficacia. La durata media delle batterie nuove può variare dai due ai quattro anni, a seconda anche dell’ambiente in cui lavorano e della manutenzione cui vengono sottoposte. Vediamo quali sono i controlli periodici da effettuare e come eventualmente recuperare una batteria scarica.
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In assoluto la prima cosa da fare per questioni di sicurezza e praticità è smontare le batterie dall’interno dello scafo e portarle a terra, ove sarà possibile effettuare tutte le operazioni di cui necessitano. Pertanto accederemo al vano servizi ove le batterie sono conservate e, se dotate di scatola antiesplosione, inizieremo con l’asportazione del coperchio.
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Provvederemo a disconnettere le batterie dal deviatore ed inizieremo a smontarle scollegando i morsetti ed i cavi. Per questa operazione serve una chiave esagonale aperta, con la quale andremo a svitare i bulloni che fissano i morsetti sui poli dell’accumulatore. La priorità di disconnessione dei cavi spetta prima al cavo nero (negativo), e poi a quello rosso (positivo). Nel caso di due batterie collegate in parallelo si può iniziare tranquillamente dalla seconda per terminare l’operazione con la prima.
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La prima cosa da fare alle batterie sbarcate sarà quello di verificarne lo stato di carica, e lo si potrà fare con la massima precisione acquistando, presso negozi di elettronica o negozi di bricolage, un tester digitale, il cui costo si aggira intorno ai 15,00 – 20,00 euro a seconda del modello.
E’ un apparato munito di due cavi che terminano con altrettante pinze a coccodrillo, una rossa ed una nera. Basterà collegare quella nera al polo della batteria con segno “-“ (negativo) e quella rossa all’altro con il “+” (positivo). Accendendo il tester si dovrà controllare che il valore che appare sul display non sia inferiore a 12,5 V. Se così fosse la batteria è sicuramente scarica.
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La fase successiva riguarda il suo caricamento. Occorre ovviamente un carica batterie, un apparato che oggi è possibile trovare ed acquistare sia in un negozio di bricolage, che in una ferramenta o nei mega store che forniscono attrezzature in genere, anche a costi molto accessibili. Prima di collegare le pinze a coccodrillo di cui sono muniti i cavi ai poli, si dovranno aprire i tappi dei singoli elementi della batteria. I tappi possono essere uno per ogni elemento oppure raggruppati di tre in tre in un unico tappo e si possono rimuovere aiutandosi con un cacciavite. Attenzione però a non rovinare i bordi della sede del tappo, altrimenti quando si andranno a rimettere potrebbe fuoriuscire l’elettrolito (soluzione di acqua di acido). Mettere sotto carica una batteria senza toglierle i tappi può provocarne una pericolosa esplosione!
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Tolti i tappi, va verificata la quantità di liquido presente nei singoli elementi e, se qualcuno di essi dovesse risultare scoperto, a fine carica dovrà essere previsto un rabbocco, riportandolo al livello ottimale. Ma attenzione! E’ un’operazione da fare solo dopo che la batteria sarà stata ricaricata e con molta prudenza, in quanto durante la fase di ricarica il volume del liquido aumenta per effetto di una sua fisica “ebollizione” che produce gas. A questo punto si andrà a collegare la batteria al caricatore, fissando le pinze ai morsetti, nello stesso modo e con lo stesso principio che è stato usato prima con il tester, ossia rosso su “+” e nero su “-“. E’ bene anche controllare che sui poli della batteria non vi siano residui di ossido che potrebbero pregiudicare un contatto corretto e di conseguenza la giusta ricarica della batteria. Nel caso intervenire con un disossidante.
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Dopo aver collegato le pinze ai morsetti si potrà accendere il caricabatterie. Farlo prima potrebbe dar vita ad una scintilla con forte pericolo di scoppio dell’accumulatore. L’apparato, come si può vedere nelle fotografie, è dotato di amperometro che da’ modo di verificare in modo costante se la batteria sottoposta alla cura “migliora” il suo stato di salute oppure se non da’ segni di vita e pertanto risulta da sostituire e basta. Ogni batteria da rigenerare deve restare in carica almeno una giornata. A carica avvenuta si potrà procedere allo spegnimento del caricabatteria ed al distacco dei cavi.
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Ora si potrà procedere all’eventuale rabbocco degli elementi nei quali è stata precedentemente rilevata ed ora nuovamente verificata, la mancanza di liquido (elettrolito). Il rabbocco potrà essere fatto impiegando apposite soluzioni acquistate nei negozi di autoricambi ma, un vecchio e sempre valido rimedio è quello di usare acqua distillata, di più facile reperibilità ed anche meno costosa. Gli elementi dovranno essere ben coperti dal liquido, ma lo stesso non dovrà raggiungere i tappi. A questo punto non resterà che chiudere i singoli elementi della batteria con i tappi precedentemente asportati.
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Ora le batterie sono tornate a “vivere” e possono essere riportate a bordo. A questo punto, prima di collegarle ai cavi, sarà bene controllare lo stato d’uso di questi ultimi, ed in particolare lo stato di conservazione dei morsetti che andranno a fare contatto con i poli. Qualora risultassero ossidati o addirittura consumati, sarà bene sostituirli. Non costano molto e sono molto importanti. Fatto ciò si procederà al loro rimontaggio ponendo le batterie nella loro scatola o fissandole nel gavone, e collegando i cavi iniziando con quello del negativo (nero) e poi con il positivo (rosso), avendo cura di spalmare un po’ di vaselina sui contatti in modo da evitare la creazione d’incrostazioni. I morsetti andranno ben stretti onde evitare che al primo salto sull’acqua si possano disconnettere. A fine operazione sarà sufficiente riattivare il circuito con lo staccadeviabatterie per “far tornare la luce a bordo”.
Il necessario:
- 1 chiave esagonale n. 10 o 13 per i morsetti
- 1 tubetto di vaselina per i morsetti
- 1 caricabatteria
- 1 tester digitale
- 1 confezione di liquido specifico per rabbocco batterie
- 1 paio di guanti di un certo spessore
- 1 spazzola metallica per rimuovere l’ossido
Tempo occorrente: 30 minuti per le operazioni di smontaggio e 24h per la ricarica
Difficoltà: media
Luciano Pau
Giornalista iscritto all’Ordine Interregionale del Lazio e Molise dal 1995, vanta un’esperienza di oltre 35 anni nel mondo della nautica e dello sport, tra cui la pesca, che segue ormai assiduamente da oltre 10 anni. Ha collaborato per vent’anni con alcune delle principali riviste del settore nautico e pesca, occupandosi di test d’imbarcazioni e di gommoni, di articoli tecnici legati alle tematiche nautiche e motoristiche in genere, di elettronica, attrezzature da pesca e seguendo eventi a livello nazionale ed internazionale. Oggi è direttore del web magazine Fishing Boat Magazine ed organizzatore di eventi.