Generalmente ed erroneamente è chiamato long arm. Errato, il lungo braccio è un finale ovviamente di buona lunghezza e non il trave
• Mimmo Marfè
Su quest’ultimo ne potranno essere montati uno, a volte due e anche tre. Ovviamente il trave affinché possa ospitare tre lunghi braccioli, oppure due, necessita che tra i due snodi ci sia una distanza superiore alla lunghezza del finale che vorremo montare.
Diverso il caso di un trave che dovrà ospitare un solo bracciolo: quest’ultimo non dovrà relazionarsi con la lunghezza del trave stesso.
Il long arm.
Inteso proprio come lungo finale, è utilizzato quasi esclusivamente a mare calmo e nella maggioranza dei casi è destinato ad insidiare pesci grossi e diffidenti come ad esempio l’orata ma, in condizioni di mare in scaduta, risulta spesso micidiale anche con grufolatori di grossa taglia come le ombrine, ma anche con pesci definiti predatori quale la spigola che però nella pesca dalla spiaggia tantissime volte si comportano da umili e inconsapevoli grufolatori.
Siamo noi ad attribuire caratteristiche e comportamenti ai pesci in modo abbastanza bizzarro.
Dunque utilizzando un braccio molto lungo, anche superiore ai due metri, dovremo tener conto di alcuni fattori molto importanti, innanzitutto il diametro del finale stesso.
1) Inutile tentare performance da circo insidiando ad esempio l’orata da vari chili con uno 0,16 mm o simili. Inoltre la lunghezza stessa unita all’eccessiva sottigliezza potrà comportare dannosissimi aggrovigliamenti sia in fase di lancio che di recupero che specie a vuoto dovrà essere costante e mai frenetico.
Con mare calmo ci attesteremo su sezioni intorno allo 0,20 mm o poco più, possibilmente in fluorocarbonio. In scaduta potremmo invece attestarci su diametri tra lo 0.25 – 0,28 mm senza dimenticare che le lenze da finale in fluorocarbonio garantiscono un’invisibilità di gran lunga superiore al nylon.
2) Secondo fattore è l’individuazione precisa della direzione della corrente sul fondo. Il lancio dovrà fare in modo che la stessa corrente aiuti il finale a distendersi e quindi mai lanciare contro corrente.
3) Dovremo assicurarci che il collegamento tra snodo e bracciolo sia perfettamente eseguito e che la girella di collegamento abbia modo di snodarsi senza ostacoli. Spesso il recupero genera torsioni e sarà proprio la girella di numerazione adeguata a garantire lo scarico. L’utilizzo di uno snodo girante sull’asse verticale (congiuntamente a quello orizzontale della girella), aiuterà a che il bracciolo si stenda correttamente sul fondo.
Queste sono condizioni essenziali per la realizzazione di un buon carniere anche se non garanzia dello stesso, compreso sorprese che su spiagge maggiormente profonde potranno portare a insolite catture. Inoltre, surrogandone le funzioni dei tembin nel Nage Japan Fishing, potremo utilizzare distanziatori e ammortizzatori tentando a mia opinione di evitare l’utilizzo di materiali metallici. Approfondiremo quest’ultimo argomento nella prossima trattazione.
Mimmo Marfè
Giornalista, una vita vissuta in riva al mare. A sette anni le prime esperienze da riva con primordiali cannette in bambù, poi le prime telescopiche in fenolico. In Sardegna a fine anni 70 le prime esperienze dalla spiaggia e le prime catture mirate. La passione abbinata alla continua ricerca porta alla possibilità di poter elaborare modalità di pesca dalla spiaggia in ambito Mediterraneo. Da qui il primo libro “Surf Casting In Mediterraneo” edito come i successivi quattro dalla casa editrice Olimpia. Esperienze condivise sulle pagine del pioneristico Surf Casting Report, poi di Pesca in Mare e per decenni di Pescare Mare. L’approdo all’editoria digitale come naturale evoluzione della comunicazione con la consapevolezza che anche per me c’è sempre possibilità imparare.