Riprendiamo da dove abbiamo lasciato la prima parte, ossia dalle secche, ed andiamo ad approfondire l’argomento, puntando sulla secca di Mezzo Canale.
• Gian Luca Magri
La secca di Mezzo Canale di cui vi ho parlato nella prima parte, si raggiunge sia dalla terra ferma sia dall’Isola d’Elba e costituisce veramente uno dei migliori spot dell’Arcipelago Toscano. Il punto più vicino sulla terraferma è Piombino, più precisamente la Marina di Salivoli, il porto turistico della cittadina toscana. Piombino si trova a circa 70 chilometri a sud di Livorno. Famoso imbarco per l’Elba, tutte le estati è preso d’assalto da migliaia di turisti. Nell’attesa di partire per la secca vale la pena fare un giro per la cittadina per scoprire posti molto belli coma la vecchia Marina, il centro storico e la famosa Piazza Bovio, una vera e propria terrazza sul mare. Marina di Salivoli, quindi, è il porto da cui si può partire se abbiamo la barca, basta impostare le coordinate giuste, ma se l’imbarcazione non c’è si può anche fare una telefonata al 333 257 3366, cui vi risponderà il sottoscritto, titolare della scuola di pesca Fishunter, che vi organizzerà una bella e ricca battuta sulla splendida secca. Andiamo a vedere alcune prede tipiche e dare qualche suggerimento mirato.
Lanzardi super
In questa secca occorre prestare molta attenzione all’ancoraggio. Prima di gettare l’ancora bisogna ispezionare il fondo con l’ecoscandaglio e individuare bene la direzione della corrente, questo per essere sicuri di dove ci andremo a fermare: un errore di valutazione o una leggerezza compromettono irrimediabilmente l’esito della battuta. Il periodo migliore per dedicarsi alle orate è senza dubbio quello da aprile a giugno, non male comunque anche il periodo autunno/invernale che va da ottobre-dicembre, anche se quest’anno, visto il particolare clima, abbiamo avuto belle pescate anche in gennaio/febbraio. In primavera la secca è meta di un vero e proprio pellegrinaggio da parte di pescatori che, oltre alle più difficili e guardinghe orate, si dedicano ai lanzardi e alle palamite con un light drifting super leggero e tecnologico. Qui l’importanza dell’ancoraggio viene meno, il trucco sta nella pastura, anzi nella costanza in cui pastureremo e nei calamenti. La secca in questo periodo è letteralmente invasa da lanzardi anche di dimensioni… preistoriche, basti pensare che alle volte superano abbondantemente i 2 chili e, visto con cosa li cerchiamo, i combattimenti sono davvero da “paura”, sul filo di rasoio.
Esaltanti lotte
Quando arrivano i lanzardi, compresi quelli “extra large”, ci armiamo con bolognesi ad azione rigida, in carbonio ad alto modulo, lunghe 5-6 metri per avere una buona morbidezza ma, allo stesso tempo, anche una prontezza nella ferrata grazie all’azione. In bobina ci va un buon 0,20, mentre i terminali sono lunghi circa 3 metri in fluorocarbon che varia da uno 0,12 a uno 0,15; logicamente utilizzeremo il doppiato rinforzato in cima con uno 0,23. L’esca è il classico tocchetto di sarda su ami del 4. Meglio mettere 3 canne in posizione e usarle con piombature diverse: la prima senza piombo, la seconda con una torpille o piombini spaccati per un totale di 0,50-0,75 grammi e l’ultima con 1-1,50 grammi. In questo modo, valutiamo la forza della corrente, poi scegliamo la piombatura adeguata da mettere su tutt’e tre le lenze. Si pesca con l’archetto aperto per far sì che la nostra esca transiti sempre sulla scia della pastura. Non solo lanzardi comunque, con questo sistema arrivano anche bellissimi esemplari di saraghi e tanute. Gli esemplari più grandi di queste ultime si prendono pescando a scorrere. Catturare un pesce molto combattivo come il lanzardo è una vera e propria goduria con fili pressoché inesistenti… è veramente la fine del mondo!
Nel periodo che va da dicembre a febbraio, i mesi da considerarsi a torto meno pescosi, assistiamo a grandi escursioni di marea e la cosa migliore è pescare a bolentino lungo il perimetro della secca, a una profondità che varia tra i 32 ed i 38 metri, utilizzando il gambero di fascina o vermi come il coreano o l’americano alla ricerca dei pregiati pagelli e grandi tracine drago, bestioni che arrivano tranquillamente a 2 chili di peso. Sono veri e propri “mostri” che trovano un habitat perfetto sul fondale di maciotto: un po’ di attenzione alle spine velenose, poi abbiamo a disposizione ottimi pesci da cucinare! Non è finita: scarrocciando a una velocità di 0,30-0,70 nodi, oltre a pagelli e tracine, possiamo imbatterci in una bella gallinella, in uno scorfano rosso oppure in qualche bel polpo che incuriosito dal piombo rimane vittima del nostro bolentino.
Un piccolo problema
Chi va sulla secca a pescare a light drifting può anche trovarsi ad avere a che fare con sciami di boghe e menole che si accaniscono sulle nostre esche riducendole ai minimi termini, togliendoci la possibilità di catturare qualcosa di più bello di questi pescetti disturbatori. Comunque, la soluzione c’è. La pastura va calata sotto la barca, l’effetto è ugualmente efficace perché la corrente la spinge in fuori ma fa restare i disturbatori in un raggio limitato, cioè nei pressi dell’imbarcazione. Se però facciamo lo stesso con le esche, il risultato è sempre negativo: i bocconi innescati vanno lanciati in fuori, lontano dalla barca ma sempre nella scia della pastura che sta allettando gli esemplari più interessanti. Chiusa la parentesi light drifting passiamo alla traina. Passata l’estate, con l’arrivo dei primi totani la secca di Mezzo Canale è al centro dell’attenzione dei trainisti che puntualmente si presentano all’invitante appuntamento. Dalla metà di settembre e a volte fino a tutto novembre, si assiste a un continuo passaggio a velocità quasi nulle (0,70 nodi) di una miriade di gozzetti, tutti in caccia di meravigliosi dentici e qualche bella e combattiva ricciola, proponendo ai predatori l’esca viva.